Articoli: Mai così vicini alle stalattiti

Mai così vicini alle stalattiti


Data: 28/11/2010
Ambito: Gruppo Speleo

Sono le ore 7:00, dell'uggiosa mattina di domenica 28 novembre, quando nove giovani (...chi più, chi meno...) speleologi (...chi più, chi meno...) si trovano, pieni di entusiasmo per intraprendere la tanto desiderata uscita alla grotta "Martina Cucchi" di Trieste.
Si tratta di una grotta pressochè orizzontale, con uno sviluppo di mt. 1991 in pianta e mt. 60 in profondità, scoperta dallo speleologo Zanini Giuliano.
Già dalle prime ore del mattino si capisce che il tempo non promette troppo bene, ma grazie al cielo, arrivati a Triese la pioggia ci regala qualche ora di tregua; giusto il tempo per recuperare le chiavi della botola della grotta, vestirsi di tutto punto per l'occasione e percorrere il tracciato della vecchia ferrovia nel Comune chiamato San Dorligo della Valle - Dolina (...un nome, un programma...) poi prendiamo un sentiero nel bosco che ci porta dritti dritti davanti alla "Martina Cucchi".
Ci soffermiamo a fare qualche foto e poi subito dentro a strisciare per stretti cunicoli, piuttosto fangosi e bagnati, all'inseguimento di un cavo telefonico del soccorso, che da questo momento diventerà una specie di filo di Arianna alla guida di nove speleologi che mai prima di allora si sono avventurati in questa grotta.
I cunicoli si aprono in scenari senza tempo, in sale non troppo grandi ma che il paziente lavoro dell'acqua ha trasformato in veri e propri spettacoli della natura: stalattiti e stalagmiti ovunque, ma quelle che mi colpiscono di più, in questo paradiso sotterraneo, sono le meravigliose vele, quasi trasparenti alle luci dei caschi, con sfumature meravigliose, una sorta di arcobaleno dai colori caldi dell'arancione, giallo e bianco, capaci di riscaldare i nostri cuori infreddoliti dall'umidità della grotta.
Quanto vorremmo rimanere qui un po' di più a perderci nella meraviglia della natura, ma abbiamo ancora molto da visitare.
Si prosegue per un meandro piuttosto largo, anch'esso ben concrezionato che sbuca in una sala abbastanza ampia, piena di grandi massi, sembra una frana... ci rendiamo conto che non abbiamo seguito la via giusta, ma il posto è ottimo per riposare qualche minuto e ne approfittiamo per consumare il nostro frugale pranzo.
Giusto il tempo per ingoiare il panino, bere un sorso d'acqua ed eccoci di nuovo in moto, ripercorriamo la "strada" dell'andata, tornando quasi al punto di partenza, quando ci accorgiamo che là, proprio là, sulla sinistra, tra una stalattite e l'altra, sbuca il ramo giusto, quello che avremo dovuto percorrere fin dall'inizio.
E così, eccoci di nuovo a percorrere senza sosta, con qualche chiacchiera di troppo secondo alcuni, meandri, cunicoli e sale. Non si intravvede nessuna corda per agevolare la salita e la discesa, solo scale e staffe.
Ora... la parte più delicata del percorso: si tratta di un pozzo di circa undici metri, da attraversare "allongiandosi" ad una corda fissata in parete, le gambe mi tremano un po' nel passaggio, il pozzo è profondo e la corda sembra tremendamente sottile, ma in realtà l'armo è abbastanza recente, le placchette sembrano nuove, quindi mi faccio coraggio e l'attraverso senza problemi.
Camminiamo ancora un po' su e giù per scalette e staffe, ed eccola là, l'amica che continua a lavorare giorno e notte per formare la grotta, sì, abbiamo trovato l'acqua, un piccolo ruscello che aumenta di portata man mano che ci addentriamo tra i meandri, è uno spettacolo unico nel suo genere, meravigliosi laghetti coperti da stalattiti si materializzano intorno a noi, non sono grandi e nemmeno profondi, ma lo scenario è davvero stupefacente.
Proseguiamo seguendo la direzione dell'acqua fino ad arrivare al primo lago dove ci aspetta una "tirolese", serve ad attraversare il lago, si tratta dell'installazione di due corde in acciaio, di circa un centimetro di diametro, che corrono parallelamente, una sopra l'altra; ci si assicura alla corda superiore e si cammina su quella inferiore. Tutto sarebbe di estrema semplicità, se non fosse per la pioggia, che ormai cade da giorni; il livello del lago si è alzato notevolmente rispetto al solito, così, man mano che la corda si carica del nostro peso, questa sprofonda nell'acqua, a circa metà della sua lunghezza mi trovo immersa fino ai polpacci e gli scarponi non si sono semplicemente bagnati, ma si sono letteralmente riempiti d'acqua.
Come mi disse un saggio "Uno speleologo non si ferma per qualche goccia d'acqua" e così, imperterriti, proseguiamo la nostra esplorazione, ormai il problema del bagnarsi è superato poichè più di così non è possibile... ma è solo l'inizio, infatti inseguendo il corso d'acqua, arriviamo al secondo laghetto, qui la situazione è ancora peggiore, la scala utile per l'attraversamento non c'è più, così, un nostro coraggioso compagno, entra letteralmente nel laghetto e con l'acqua che gli arriva alle cosce aiuta tutti gli altri (o quasi...) ad eseguire l'attraversamento senza bagnarsi ulteriormente.
Da qui in poi la visita non continua per molto, e così ripercorriamo la strada dell'andata e ci dirigiamo verso l'uscita.
Dopo l'ennesimo piccolo inconveniente della giornata, imbocchiamo la via giusta risalendo la scaletta e chiudiamo la botola.
Giunti nuovamente nel bosco, stremati dalla fatica di otto ore in grotta, troviamo un tempo degno dei più terrificanti film dell'orrore: il vento fischia fra i rami degli alberi, il buio è pesto e le gocce di pioggia si scagliano sul viso come spilli gelati.
Ci vuole un po' per raggiungere la macchina, un quarto d'ora infernale a causa delle condizioni climatiche avverse, ma dentro di me brucia un fuoco d'eccitazione per il meraviglioso mondo che ho appena esplorato e per la gioia che mi invade il cuore al pensiero che mai prima d'ora mi sono sentita così libera, COSI' VIVA!.

Anna Sacchetto


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