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Esperienza Centrale per il nostro socio Ruggero Montesel


Data: 31/12/2005
Ambito: Istituzionale

Esperienza Centrale - il nostro Socio Ruggero Montesel ci racconta

La Sezione CAI di Vittorio Veneto ha avuto l’onore di avere un suo Socio a ricoprire la prestigiosa carica, con durata quinquennale, di Consigliere Centrale presso la sede centrale del Club Alpino Italiano a Milano. Il Consiglio Centrale del C.A.I. insieme all’Assemblea dei Delegati è il massimo organo direttivo del nostro sodalizio; in pratica è il “Governo” della nostra associazione.
Si tratta del nostro Socio Ruggero Montesel. Iscritto al nostro sodalizio dal 1975, Istruttore di scialpinismo dal 1985 – con al suo attivo una buona attività scialpinistica ed anche alpinistica su roccia e ghiaccio - successivamente anche Presidente sezionale e poi anche componente e vice presidente del Comitato di Coordinamento del Convegno Veneto Friulano e Giuliano delle sezioni del C.A.I., era stato nominato Consigliere Centrale nel 2000.
Essendo terminato quest’anno il suo mandato abbiamo pensato di proporgli un’intervista per conoscere la sua esperienza di consigliere ed anche per conoscere meglio il C.A.I., i suoi massimi organi direttivi e gli orientamenti. Ci siamo pertanto incontrati e gli abbiamo posto alcune domande:


D: Ritieni positiva l'esperienza in Consiglio Centrale?
R: Assolutamente una esperienza importante!
D: Perché?
R: Fondamentalmente per aver avuto la possibilità di entrare a fondo nel mondo del CAI e di viverlo dall’interno, ma la cosa più importante e più appagante e che mi lascerà un ricordo indimenticabile è il rapporto umano con un sacco di persone con cui ho condiviso la vita associativa, e con alcune “personalità” del mondo della montagna: esperienze a volte commoventi.
D: Cosa si fa in C.C.?
R: Teoricamente si dovrebbe solo definire gli obbiettivi del Sodalizio, in realtà si vive l’associazione in presa diretta con tutte le sue problematiche.
D: E' difficile inserirsi nel C.C.?
R: Teoricamente sì, in pratica bisogna rendersi disponibile a lavorare e darsi molto da fare.
D: Ogni quanto tempo vi riunivate?
R: Beh, teoricamente 8-9 volte all’anno per il Consiglio, in pratica bisogna aggiungere tutte le occasioni d’incontro a livello locale o di partecipazione a manifestazioni: quasi tutte le settimane.
D: Quali sono state le tematiche/problemi principali affrontati e/o discussi in seno al C.C.?
R: Durante i cinque anni di permanenza sono stati veramente molti i temi: dalle liti tra strutture, alle problematiche del Soccorso alpino, al Pordoi al varo dell’Università della montagna, ma un argomento che ha occupato moltissimo tempo è stato l’adeguamento alle grandi novità del Sodalizio: il rinnovo della struttura centrale e dei suoi regolamenti e, fase ancora in corso, la decentralizzazione della struttura stessa con la creazione dei Gruppi Regionali.
D: Nella nascita degli ordini del giorno del C.C. che peso hanno gli argomenti/tematiche che nascono nell'ambito dell'Assemblea dei Delegati delle Sezioni che è l'organo sovrano del sodalizio e che si riunisce di norma una volta all'anno e tratta i problemi e gli indirizzi fondamentali del Club Alpino Italiano?
R: Certamente importante! Spesso però è il Consiglio che anticipa le discussioni proponendo egli stesso il tema da elaborare in Assemblea per trarne indicazioni su cui lavorare e tematiche da definire.
D: Quanta parte di tempo ha occupato?
R: Certamente negli ultimi anni è stato l’argomento principale!
D: Dette in poche parole quali sono le modifiche fondamentali alla struttura del CAI e dello statuto e quali dovrebbero essere gli effetti?
R: A volte ero demoralizzato dalle lunghe discussioni, ma pensa che quando ho cominciato c’erano ancora i Consiglieri di nomina ministeriale che condizionavano in modo pesante i lavori e ora c’è la suddivisione di compiti tra organo di indirizzo (Consiglio) e organo di gestione (Comitato di Presidenza): un abisso!
D: Suppongo che ogni vostro incontro avesse uno specifico ordine del giorno; le tematiche venivano affrontate in modo globale o venivano approfondite e/o gestite in diversa sede da apposite commissioni?
R: E’ uno degli argomenti del giorno: la possibilità/capacità di dividersi i lavori similmente a come avviene nei Comuni con i “gruppi consigliari”.
D: Ritieni che della tua esperienza (argomenti, metodi, conoscenze) in ambito C.C. ci siano delle cose che meritano di essere, in un qualche modo, "travasate" nel nostro ambito sezionale?
R: Forse troppo lontani gli ambiti di lavoro; è bene che i consigli sezionali restino realtà legate al territorio ed alle sue espressioni.
D: Il CAI, come C.C. conosce bene e li vive i problemi delle Sezioni?
R: Assolutamente sì non fosse altro perché i consiglieri sono persone che hanno alle spalle una lunga militanza in Sezione e negli Organi Periferici sia gestionali sia tecnici e ci tengono moltissimo. Certo che spesso nel lavoro bisogna porsi al di sopra della quotidianità e saper guardare avanti per tracciare il futuro: è questo il compito di un organo di indirizzo.
D: Esiste nel CAI, e se sì come lo vedi il problema di far convivere l'esigenza tra il rinnovarsi (per esempio la questione dell'arrampicata sportiva) e il mantenere invece un'impostazione più classica?
R: E’ una questione antica come il Sodalizio! Saper coniugare il rispetto della tradizione con la necessità di cogliere gli stimoli che arrivano dal nuovo. Credo che il CAI resti comunque una struttura legata alla tradizione, ma che che sappia adeguarsi in modo soddisfacente alle nuove esigenze, magari più lentamente di quanto vorremmo, ma questa “lentezza” a volte ci salva da tanti errori di impulsività.
D: Dovrebbe avere il CAI, secondo te, maggiore attenzione verso l'ambiente?
R: Nel CAI c’è sicuramente una attenzione fondamentale all’ambiente, ma non si è mai risolto il dilemma se siamo degli ambientalisti che vanno in montagna o dei montanari che vogliono preservare il proprio ambiente: forse qui sta anche la nostra forza.
D: Anche se è argomento da "addetti ai lavori" vuoi parlare della antica problematica di far convivere in ambito CAI le Guide alpine (che fanno attività a scopo di lucro) e gli Istruttori CAI (che fanno attività senza scopo di lucro)?
R: Bella domanda! E’ l’argomento che preoccupa il mondo alpinistico! In tutta la società si sta assistendo ad una “professionalizzazione” delle attività che un tempo erano di dominio del volontariato perché considerate patrimonio di ognuno: pensiamo al dovere di soccorso, in termini generali: era un obbligo morale di ognuno. Oggi tutto è sempre più regolamentato ed ingabbiato con leggi e responsabilità che in pratica limitano la possibilità di intervento ai soli autorizzati: i professionisti. La stessa logica sta cercando di infiltrarsi subdolamente anche nel mondo alpinistico, con in aggiunta le pressioni dettate dagli interessi economici collegati. Non so sinceramente come si evolverà la situazione nel nostro mondo: dobbiamo essere attenti a seguire gli sviluppi e soprattutto saper evidenziare e valorizzare le valenze che sono legate al mondo del volontariato, che si chiami istruttore, accompagnatore, soccorritore o anche semplicemente Consigliere Centrale.

Novembre 2005
a cura di Vittorio Serafin


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Ruggero Montesel
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