Troidell’Ont 3-4-2016
Èuna giornata di inizio primavera e ci si ritrova a cavallo fra lePrealpi Trevigiane e quelle Bellunesi, precisamente sulla linea di confine fra la provincia di Treviso e quella di Belluno: il P.sso diSan Boldo, siamo in undici, forse motivati dalla voglia di conoscere cose nuove o percorrere cose lette in qualche guida, vista in qualche filmato: qui inizia l’avventura e la voglia di guardarsi attorno.
Seguendo una strada silvo pastorale i fiori della primavera incominciano a farla da padrone, sui prati incominciano a spuntare i Crocusalbiflorus ( Crochi Bianchi o zafferano selvatico) dove fino a qualche settimana fa era presente la neve.
Si prosegue ancora immersi nella natura fra boschi di latifoglie, incontrando qualche casera: noi stiamo di fatto seguendo un vecchiosentiero che fino agli anni settanta serviva ai malgari per portare verso il passo il latte che seguiva la via dei caseifici più avalle, sia nel versante trevigiano sia nel versante bellunese.
Daqui il toponimo del Troi dell’ont .
Il panorama in questa parte del percorso è rivolto verso la ValBelluna, con in fondo le cime innevate del Pavione, dello Schiara edel Serva.
Siprosegue ancora per percorrere sentieri e strade fino al Monte Cimone, un cucuzzolo dove vi è ancora presenza dineve, da qui si scende verso il punto di sosta, il Torresel da dovelo sguardo volge verso i laghi di Revine, il Montello,
icolli Asolani e il lungo serpentone che è il Piave, e assistiamoalle evoluzioni di qualche sportivo che vola con il parapendio.
Ahimè la foschia non ci permette di vedere la laguna veneta.
Si sale, si scende, si risale e si riscende fra fioriture di primule gialle, fiori di stecco e anemoni per giungere alla fine del percorso, dove ci sono i nostri mezzi di trasporto.
Una sosta conviviale baciata dal sole e poi si riprende la strada del ritorno a casa.
Ringrazio tutti i partecipanti, soprattutto i capi gita, perché ci hanno fatto ripercorrere dei sentieri che forse qualche nostro avo ha vissuto di persona, e per qualcuno di noi è stato un arricchimento culturale,sperando di stimolare la voglia di approfondire la storia di quello che adesso viene definito il “Paesaggio dell’abbandono”percorrendo questi bei sentieri delle nostre Prealpi
GianCarlo
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